Ricorso  del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il
proprio domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma, nei confronti della
Regione  Calabria,  in persona del presidente della giunta regionale,
per   la  dichiarazione  della  illegittimita'  costituzionale  dello
statuto  della  Regione Calabria approvato dal consiglio regionale in
prima deliberazione il 13 maggio 2003, in seconda deliberazione il 31
luglio  2003  e  pubblicato  nel supplemento straordinario del B.U.R.
n. 4 del 6 agosto 2003, giusta delibera del Consiglio dei ministri 28
agosto 2003, con riguardo agli articoli 33, 38 comma 1 lettere (a) ed
(e); 34 e 43 comma 2; 50 comma 5 e 51.

    La  Costituzione  italiana, nel suo testo novellato dalle riforme
del  1999  e  del  2001,  ha  disegnato con sistematica precisione la
potesta' statutaria delle regioni, assoggettandola, da un lato, ad un
procedimento di formazione «aggravato» dalla doppia deliberazione del
Consiglio  a  maggioranza qualificata e dalla eventuale consultazione
referendaria  (sul  modello delle leggi di revisione costituzionale);
attribuendogli,    dall'altro    -    insieme   con   l'affrancamento
dell'approvazione  parlamentare - una collocazione privilegiata nella
gerarchia delle fonti regionali.
    Il  sistema  cosi'  delineato dal Costituente se soddisfa appieno
l'istanza  autonomistica  non  trascura pero', certo, il principio di
legalita'  costituzionale,  che riceve adeguata protezione attraverso
una rigorosa delimitazione della potesta' statutaria ed una specifica
disciplina  del  sindacato  di  costituzionalita'  del suo esercizio.
Sindacato  che,  con il presente ricorso, il Governo della Repubblica
chiede a codesta Corte.
    E'  avviso  del Governo, infatti, che, con le norme denunciate in
epigrafe,  la  Regione Calabria abbia ecceduto dalla propria potesta'
statutaria  in  violazione  della  normativa  costituzionale, come si
confida di dimostrare in appresso.
    1.   -  L'art. 33  dello  statuto  viola  gli  artt.  122  e  126
Costituzione.
    La  normativa costituzionale richiamata, segnatamente l'art. 122,
ultimo   comma   e   126,  terzo  comma,  sanciscono  un  vincolo  di
interdipendenza  fra  giunta  (e  suo  presidente  eletto a suffragio
universale  e  diretto)  e  consiglio. Vincolo espresso dal principio
simul  stabunt,  simul  cadet e che e' evidentemente posto a garanzia
della stabilita' dell'esecutivo regionale.
    Il  richiamato  terzo  comma  dell'art. 126  dispone  infatti che
«l'approvazione   della   mozione   di  sfiducia  nei  confronti  del
presidente  della  giunta  eletto  a  suffragio universale e diretto,
nonche'  la  rimozione,  l'impedimento  permanente,  la  morte  o  le
dimissioni  volontarie  dello  stesso  comportano le dimissioni della
giunta e lo scioglimento del consiglio.
    Tale   norma   va   letta  in  correlazione  con  l'ultimo  comma
dell'art. 122,  il  quale  dispone  che  il  presidente  della giunta
regionale  e'  eletto  a  suffragio universale e diretto salvo che lo
statuto regionale disponga diversamente.
    Da tale combinato disposto si evince il principio che in tanto lo
statuto  regionale  puo'  discostarsi dal principio del simul stabunt
simul cadent in quanto contestualmente preveda un sistema di elezione
del  presidente  della giunta regionale diverso dal suffragio diretto
(Corte cost. sent. 20 giugno 2002 n. 304).
    La  norma  statutaria  in  epigrafe  ha  violato  le regole ed il
principio di cui sopra, in quanto l'art. 33 richiamato prevede che il
presidente  e  il  vice  presidente  della giunta regionale, indicati
sulla  scheda  elettorale,  siano  votati  contestualmente agli altri
componenti del consiglio regionale e siano poi nominati dal consiglio
nella  seduta  di insediamento, nella quale si approva la mozione sul
programma  di  governo  (commi  1  e  2)  e che la mancata nomina del
presidente  e  del  vice  presidente,  indicati dal corpo elettorale,
comporta lo scioglimento del consiglio regionale (comma 3).
    Peraltro,  viene  previsto che nei casi di dimissioni volontarie,
incompatibilita'  sopravvenuta,  rimozione,  impedimento permanente o
morte  del  presidente  della  giunta  regionale,  subentri  il  vice
presidente (comma 4).
    La  norma statutaria, quindi, dopo aver disciplinato una forma di
elezione  sostanzialmente  diretta a suffragio universale (tanto vero
che specificamente prevede lo scioglimento del consiglio regionale in
caso  di mancata nomina del presidente e del vice presidente indicati
dall'elettorato)   viola   pero'   l'art.  126,  terzo  comma,  della
Costituzione  nella  parte  in  cui  non  prevede le dimissioni della
giunta   e   lo   scioglimento  del  consiglio  regionale,  nei  casi
espressamente  indicati  nello  stesso  art.  126, sostituendo a tale
conseguenza il subentro del vice presidente al presidente.
    La  medesima norma, statutaria, inoltre, si pone in contrasto con
l'art.   122  della  Costituzione  andando  ad  incidere  in  materia
elettorale, che e' materia coperta da riserva di legge regionale.
    2. - L'art. 38  dello  statuto, comma 1, lettere (a) ed (e) viola
gli artt. 122, primo comma e 123, primo comma della Costituzione.
    La  norma statutaria richiamata prevede la disciplina del sistema
elettorale,  in  particolare  nella parte in cui (comma 1, lettera a)
prevede  un  sistema  di  elezione  su base proporzionale con voto di
preferenza  e premio elettorale di maggioranza. Essa si pone, quindi,
in  contrasto  con  l'art.  122,  primo comma della Costituzione, che
demanda  la  definizione del sistema di elezione alla legge regionale
nel  quadro  unitario  dato dai principi fondamentali stabiliti dalla
legge della Repubblica.
    L'introduzione   nello   statuto   di   disposizioni  in  materia
elettorale   viola,   pertanto,  la  riserva  di  legge  regionale  e
costituisce  una  forte  limitazione  dei  poteri  del  consiglio. Si
tratta,  all'evidenza,  di  una  illegittimita' che trascende il dato
meramente   formale,  determinando  un  «rafforzamento»  della  fonte
normativa  lesivo  del  principio  di  democrazia  diretta.  A  tacer
d'altro, infatti, la norma avrebbe l'effetto di rendere indisponibili
all'iniziativa  popolare referendaria le norme elettorali, in quanto,
a  norma dell'art. 11 dello stesso statuto, non e' ammesso referendum
per l'abrogazione di norme statutarie.
    La  stessa disposizione risulta, altresi', eccedere la competenza
regionale,  in relazione all'art. 123, comma primo della Costituzione
che fissa rigidamente i contenuti ed i limiti dello statuto stesso.
    3.  -  L'art.  34 dello statuto, comma 1 lettera (i) e l'art. 43,
comma  2,  violano  l'art. 121  della Costituzione ed il principio di
separazione dei poteri.
    Il  combinato  disposto  statutario  in  epigrafe  attribuisce al
consiglio  regionale  l'esercizio di una potesta' regolamentare nella
forma  di  regolamenti  di attuazione e di integrazione in materia di
legislazione  esclusiva  delegata  dallo  Stato  in  presenza  di una
normativa  costituzionale  che  non riconosce (et pour cause!) alcuna
potesta'  regolamentare  al  consiglio  (cosi'  come nessuna potesta'
regolamentare e' riconosciuta al Parlamento nazionale).
    Non pare, infatti, potersi sostenere che quanto non e' consentito
al  Parlamento  nazionale  in virtu' del principio di separazione dei
poteri  degli  organi dello Stato, possa ritenersi ammesso per quello
regionale.
    Tanto cio' e' vero che prima dell'entrata in vigore della riforma
del   titolo  V  della  Costituzione,  in  base  alle  considerazioni
suesposte,  il  Governo  ha  rinviato  a  nuovo  esame  dei consiglio
regionali  numerose  leggi regionali, che avevano attribuito potesta'
regolamentare al consiglio regionale.
    4.  -  L'art.  50  dello statuto, comma quinto, viola l'art. 117,
comma secondo, lettera 1, della Costituzione.
    La  norma  statutaria  in epigrafe sancisce una serie di principi
riguardanti  i dirigenti regionali e, piu' in generale, gli incarichi
e il rapporto di lavoro dirigenziali.
    Recita il testo statutario nei suoi commi 4, 5 e 6 dell'art. 50:
        «4.  Ai  dirigenti  sono  attribuiti  i compiti di attuazione
degli  obiettivi  e  dei programmi definiti con gli atti di indirizzo
adottati dal presidente e dalla giunta e, limitatamente al consiglio,
dal presidente e dall'ufficio di presidenza.
        5.  Nell'esercizio  della  potesta' statutaria, legislativa e
regolamentare,   la   Regione   provvede  a  disciplinare  il  regime
contrattuale   dei   dirigenti,  l'attribuzione  e  la  revoca  degli
incarichi,  l'accertamento  delle  responsabilita'  e la comminazione
delle  sanzioni,  nonche'  ad  istituire il ruolo dei dirigenti della
regione e il ruolo dei dirigenti del consiglio regionale.
        6. Tutti gli incarichi dirigenziali devono essere formalmente
conferiti   entro   60  giorni  dall'insediamento  dei  nuovi  organi
regionali».
    Orbene,  la  norma afferente al regime contrattuale dei dirigenti
attribuisce  alla  Regione  competenze  riservate allo Stato ai sensi
dell'art. 117, comma secondo, lettera l), della Costituzione (materia
«ordinamento  civile»),  atteso  che  «gli  aspetti  fondamentali del
rapporto  privato e quindi del rapporto di lavoro pubblico, oltre che
la  disciplina  del  diritto sindacale» rientrano pacificamente nella
nozione di ordinamento civile, per comune intesa di Stato e Regioni.
    Non   a   caso  nel  documento  approvato  dalla  Conferenza  dei
presidenti  delle  regioni e delle province autonome il 21 marzo 2002
si precisa che «poiche' il rapporto di lavoro pubblico e' stato fatto
rientrare  nella  disciplina privatistica, possiamo quindi concludere
che,   parimenti   ai  lavoratori  privati,  anche  per  quelli  alle
dipendenze  delle pubbliche amministrazioni, il legislatore regionale
trova un limite invalicabile nella contrattazione nazionale, che puo'
a  sua  volta  ricevere una regolamentazione di sostegno da parte del
legislatore nazionale».
    5.  - L'art. 51 dello statuto viola l'art. 123, primo comma della
Costituzione.
    La  norma  statutaria  in  epigrafe,  disciplinando  la  potesta'
normativa  tributaria  della  Regione,  statuisce  su materie che non
rientrano  tra  quelle  che l'art. 123 della Costituzione attribuisce
agli statuti regionali, e che consistono nella forma di governo e nei
principi fondamentali di organizzazione e funzionamento.
    Tale  disposizione  contrasta  pertanto  con  il citato art. 123,
primo comma della Costituzione.